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Diffamazione

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Per diffamazione, in diritto, s'intende una condotta mirante ad offendere e/o screditare la reputazione di una persona.

Nella maggioranza degli Stati del mondo, è considerata un delitto punito dal codice penale, ma comporta anche la condanna a un risarcimento civile. La diffamazione può anche coesistere con una lesione del diritto alla riservatezza della vita privata, da contemperare al diritto alla libertà di espressione dei fatti veritieri.[1][2]

Nel diritto romano si distingueva una diffamazione verbale[3] da una scritta: quest'ultima produsse un'apposita previsione incriminatrice quando ci fu il proliferare di libelli famosi, scritti che ledevano l'onorabilità. L'imperatore Costantino intervenne in tema di scritti denigratori anonimi[4] e, nel Codice teodosiano, il libellus famosus era punito con la pena della deportazione.

Ne derivò la denominazione di libel, in uso in molti paesi di Common law.[5]

In quasi tutti gli ordinamenti giuridici si ha diffamazione se quanto asserito è falso, e spetta all'accusa dimostrare tale falsità. In altri, come quello italiano, ciò non è richiesto e solo in casi molto limitati è, viceversa, la difesa che ha la facoltà di discolparsi dimostrando la verità delle asserzioni ritenute diffamatorie.

Nel diritto francese la diffamazione è regolata dall'art. 29 della legge 29 luglio 1881 e viene definita come l'allegazione o l'imputazione di un fatto che porta lesione dell'onore o della considerazione della persona offesa.

Tutte le allegazioni o imputazioni di un fatto che porta attentato all'onore o alla considerazione della persona o del corpo al quale il fatto è attribuito è una diffamazione. La pubblicazione diretta o come riproduzione di questa allegazione o di questa imputazione è punibile anche se fatta in forma dubitativa o se colpisce una persona o un corpo non espressamente nominato ma di cui l'identificazione è resa possibile... Tutte le espressioni di oltraggio, termini di disprezzo o invettive senza l'attribuzione di un fatto specifico sono invece ingiurie.

Non è necessario che il proposito sia calunnioso per rientrare sotto l'ambito della legge: la presentazione dei fatti può essere ingannevole. Per esempio dei fatti esatti citati fuori del contesto possono essere di natura tale a recare offesa alla reputazione di una persona.

Pertanto mentre il diritto italiano pone la discriminante tra presenza o assenza dell'offeso, quello francese lo pone nell'imputazione di un fatto preciso o nella mera espressione di invettiva.

Nell'ordinamento giuridico italiano, è un delitto contro l'onore ed è definita come l'offesa all'altrui reputazione, comunicata a più persone con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione. A differenza dell'illecito di ingiuria di cui all'art. 594 c.p., il delitto diffamazione può essere consumato solo in assenza della persona offesa.

Il bene giuridico tutelato dalla norma è la reputazione intesa come l'immagine di sé presso gli altri. L'analisi testuale della norma consente di risalire ai suoi elementi strutturali: l'offesa all'altrui reputazione, intesa come lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, etc. di un individuo; la comunicazione con più persone, laddove l'espressione "più persone" deve intendersi senz'altro come "almeno due persone"; l'assenza della persona offesa, da intendersi secondo la più autorevole dottrina come l'impossibilità di percepire l'offesa [6].

L'articolo 595 del codice penale italiano prevede il reato di diffamazione: "Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032". L'articolo inoltre specifica che la diffamazione si configura solamente quando ci si rivolge a più di una persona. In questo senso l'art. 595 c.p. rappresenta un limite al diritto di manifestazione del pensiero, poiché il diritto alla tutela dell'onore è prevalente rispetto alla libertà di espressione[6].

Negli USA la diffamazione è "the communication of a statement that makes a false claim, expressively stated or implied to be factual, that may harm the reputation of an individual, business, product, group, government or nation" ovvero dire qualcosa di falso e di dannoso per la reputazione altrui, spacciandolo per un dato di fatto. Chi dice il vero, o esprime opinioni personali, non fatti, non può essere condannato per diffamazione.

La sezione 230 del Communications Decency Act (CDA) del 1996, poi, fornisce l'immunità dalla responsabilità per i fornitori e gli utenti di un "servizio informatico interattivo" che pubblica informazioni fornite da utenti terzi: in questo modo si è aperto un vivace dibattito sulle protezioni che indirettamente la norma appresterebbe ai discorsi d'odio, a quelli diffamatori ed agli articoli che esprimono pregiudizi ideologici sui social network[7].

In Svizzera la diffamazione è punita dall'art. 173 del codice penale svizzero.[8][9]

La celeberrima aria de Il barbiere di Siviglia segue l'accezione per la quale, in alcuni ordinamenti e nell'uso letterario, la diffamazione ha come sinonimo calunnia.[10]

  1. ^ Gli stati che abusano dello strumento della diffamazione sono accusati di mascherare una forma di censura.
  2. ^ In molti ordinamenti la diffusione di fatti della vita privata vengono puniti indipendentemente dalle circostanza se essi siano falsi o veri
  3. ^ cfr. Arrigo Manfredini, La diffamazione verbale nel diritto romano (1979)
  4. ^ Santalucia, Costantino e i «libelli famosi».
  5. ^ Peter N. Amponsah, Libel Law, Political Criticism, and Defamation of Public Figures: The United States, Europe, and Australia, 1593320116, 9781593320119, 9781593321147, LFB Scholarly Publishing LLC, 2004.
  6. ^ a b Pietro Semeraro, L'esercizio di un diritto, Milano, 2009.
  7. ^ La Section 230 del Communications Decency Act fornisce inoltre protezione dalla responsabilità civile per gli operatori di servizi informatici interattivi, rispetto alla rimozione o alla moderazione di materiale di terze parti che ritenessero il contenuto osceno o offensivo: la tutela, anche rispetto al valore costituzionalmente protetto dal Primo emendamento, opera purché sia fatto in buona fede. La disposizione risponde ad alcune azioni legali contro i fornitori di servizi Internet che, nei primi anni '90, seguivano interpretazioni diverse sul fatto che i fornitori di servizi dovessero essere trattati come editori o distributori di contenuti creati dai suoi utenti. Dopo l'approvazione del Telecommunications Act, il Communications Decency Act è stato contestato in tribunale e giudicato dalla Corte suprema (Reno contro American Civil Liberties Union, nel 1997) parzialmente incostituzionale, lasciando in vigore le disposizioni della Sezione 230. Le sue protezioni non sono illimitate: richiedono ai fornitori di rimuovere materiale criminale come la violazione del copyright; più recentemente, la Sezione 230 è stata modificata dal Stop Enabling Sex Traffickers Act nel 2018 per richiedere la rimozione di materiale che viola le leggi federali e statali sulla tratta di sesso.
  8. ^ Art. 173 1. Delitti contro l'onore. Diffamazione
    • Chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rende sospetta una persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla riputazione di lei, chiunque divulga una tale incolpazione o un tale sospetto, è punito, a querela di parte, con una pena pecuniaria sino a 180 aliquote giornaliere.
    • Il colpevole non incorre in alcuna pena se prova di avere detto o divulgato cose vere oppure prova di avere avuto seri motivi di considerarle vere in buona fede.
    • Il colpevole non è ammesso a fare la prova della verità ed è punibile se le imputazioni sono state proferite o divulgate senza che siano giustificate dall'interesse pubblico o da altro motivo sufficiente, prevalentemente nell'intento di fare della maldicenza, in particolare quando si riferiscono alla vita privata o alla vita di famiglia.
    • Se il colpevole ritratta come non vero quanto ha detto, può essere punito con pena attenuata od andare esente da ogni pena.
    • Se il colpevole non ha fatto la prova della verità delle sue imputazioni o se le stesse erano contrarie alla verità o se il colpevole le ha ritrattate, il giudice ne dà atto nella sentenza o in altro documento.
  9. ^ Raccolta di decisioni Tribunali
  10. ^ Nell'aria di Basilio:

    La calunnia è un venticello

    si descrive un caso che invero tratta, secondo la terminologia del diritto italiano, di diffamazione e non di calunnia.

Voci correlate

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