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Intersezionalità

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In sociologia e in giurisprudenza, l'intersezionalità (dall'inglese intersectionality) è un termine proposto nel 1989 dall'attivista e giurista statunitense Kimberlé Crenshaw per descrivere la sovrapposizione (o "intersezione") di diverse identità sociali e le relative possibili particolari discriminazioni, oppressioni, o dominazioni.

La teoria suggerisce ed esamina come varie categorie biologiche, sociali e culturali come il genere, l'etnia, la classe sociale, la disabilità, l'orientamento sessuale, la religione, la casta, l'età, la nazionalità, la specie e altri assi di identità interagiscano a molteplici livelli, spesso simultanei. La teoria propone che occorre pensare a ogni elemento o tratto di una persona come inestricabilmente unito a tutti gli altri elementi per poter comprendere completamente la sua identità.[1] Questo quadro può essere utilizzato per comprendere in che modo l'ingiustizia sistematica e la disuguaglianza sociale avvengono a partire da una base multidimensionale.[2]

L'intersezionalità afferma che le concettualizzazioni classiche dell'oppressione nella società – come il razzismo, il sessismo, l'abilismo, l'omofobia, la bifobia, la transfobia, la xenofobia, lo specismo e tutti i pregiudizi basati sull'intolleranza – non agiscono in modo indipendente, bensì che queste forme di esclusione sono interconnesse e creano un sistema di oppressione che rispecchia l'intersezione di molteplici forme di discriminazione.[3]

L'intersezionalità è un paradigma importante nell'ambito accademico, poiché espande i contesti di giustizia sociale o demografia, anche se, a sua volta, ostacola l'analisi includendo molteplici concettualizzazioni che spiegano il modo in cui si costruiscono le categorie sociali e la loro interazione per formare una gerarchia sociale.[4] Per esempio, l'intersezionalità sostiene che non esiste alcuna esperienza singolare propria di un'identità. Anziché intendere la salute delle donne esclusivamente attraverso il genere, è necessario considerare altre categorie sociali, come la classe, la disabilità, la nazionalità o l'etnia per comprendere completamente la gamma di problemi di salute delle donne.

La teoria dell'intersezionalità suggerisce anche che quelle che appaiono come forme binarie di espressione e oppressione sono in realtà modellate da altre, reciprocamente co-costitutive (come nero/bianco, donna/uomo o omosessuale/eterosessuale).[5][6] Pertanto, per comprendere la razzializzazione dei gruppi oppressi, occorre studiare i modi in cui le strutture, i processi sociali e le rappresentazioni sociali (o le idee coinvolte nella rappresentazione dei gruppi e dei membri dei gruppi nella società) sono formati dal genere, dalla classe, dalla sessualità, etc.[7] La teoria prese le mosse da un'esplorazione dell'oppressione delle donne nere nella società statunitense; oggi, l'analisi è potenzialmente applicabile a tutte le categorie, compresi gli status generalmente considerati dominanti o autonomi.

La teoria di Kimberlè Crenshaw è oggetto di critica da parte di diversi autori.[senza fonte] Barbara Fowley sostiene, ad esempio, che, sebbene esistano forme di oppressione specifiche e “multiple”, queste vanno comprese e combattute solo in un’ottica di classe, categoria la quale non rappresenta un’identità come le altre, bensì una relazione sociale di sfruttamento.[8]

  1. ^ (EN) Victoria P. DeFrancisco e Catherine H. Palczewski, Gender in Communication, Thousand Oaks, California, Sage, 2014, p. 9, ISBN 978-1-4522-2009-3.
  2. ^ (EN) Kimberle Crenshaw, Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Doctrine, Feminist Theory and Antiracist Politics, in The University of Chicago Legal Forum, vol. 140, 1º gennaio 1989, pp. 139–167.
  3. ^ (EN) Susanne V. Knudsen, Intersectionality – a theoretical inspiration in the analysis of minority cultures and identities in textbooks (PDF) (archiviato dall'url originale il 14 aprile 2008).
  4. ^ (EN) Irene Browne e Joya Misra, The intersection of gender and race in the labor market, in Annual Review of Sociology, vol. 29, Annual Reviews, pp. 487–513.
  5. ^ (EN) Siobhan B. Somerville, Queering the Color Line[collegamento interrotto], Duke University Press, 1º ottobre 2012.
  6. ^ (ES) Lo normal no tiene nombre. Archiviato il 29 luglio 2017 in Internet Archive. Hablemos de sexualidad en familia. 2013.
  7. ^ (EN) Doug Meyer, An intersectional analysis of lesbian, gay, bisexual, and transgender (LGBT) people's evaluations of anti-queer violence, in Gender & Society, vol. 26, n. 6, SAGE Publications, dicembre 2012., pp. 849–873.
  8. ^ Intersezionalità: una critica marxista, su La Voce delle Lotte, 15 novembre 2018. URL consultato il 20 luglio 2021.

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