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Briganti (popolo)

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I Briganti erano una tribù celtica della Britannia romana (odierna Inghilterra), che abitava tra i fiumi Tyne e Humber ma erano presenti anche nell'odierna Irlanda. Potrebbero avere origini comuni con tribù di Briganti delle Alpi ed altri possibili stazionamenti vicini alle Alpi stesse (es. Bregenz in latino Brigantium).[1]

Si pensa che il loro nome derivi da quello della dea celtica Briganzia o Brigid.[1]

I Briganti controllavano una zona corrispondente approssimativamente all'Inghilterra settentrionale, i cui insediamenti principali erano Catterick, Aldborough, Ilkley e York. È probabile che i Briganti fossero una confederazione di piccole tribù, tra cui c'erano i Carvezi e i Parisi. Durante la prima fase dell'invasione romana (43 d.C.) riuscirono a mantenere la propria indipendenza, decidendo solo in seguito di allearsi con Roma.[1]

Nel 47 d.C., il governatore della provincia della Britannia, Publio Ostorio Scapula, fu costretto ad abbandonare la sua campagna militare contro i Deceangli del Galles settentrionale a causa della "dissaffezione" che s'era sviluppata tra i Briganti. Alcuni si ribellarono e furono uccisi, mentre gli altri furono perdonati.[2] Nel 51, il ribelle Carataco, che era stato sconfitto, cercò di allearsi con la regina dei Briganti, Cartimandua, che però si mantenne fedele ai Romani, facendolo prigioniero.[3] Lei e il marito Venuzio sono descritti come fedeli alleati di Roma. In seguito divorziarono e la regina sposò lo scudiero dell'ex-marito, elevandolo al rango di re. Venuzio prese allora le armi contro Cartimandua, che era protetta dai romani: durante il governo di Aulo Didio Gallo (52-57) Venuzio si ribellò e invase il regno di Cartimandua. Le truppe romane furono mandate a difendere contro Venuzio, che fu sconfitto dopo una feroce battaglia[4]. Nel 69 Venuzio tentò una nuova ribellione, approfittando della difficile situazione che l'Impero romano stava attraversando a causa del cosiddetto Anno dei quattro imperatori. I Romani poterono solo inviare delle truppe ausiliarie, che riuscirono a portare in salvo la regina, ma non poterono fermare Venuzio, che si impossessò del trono.[5]

Dopo la salita al potere dell'imperatore Vespasiano, Quinto Petillio Ceriale fu nominato nuovo governatore della Britannia: ebbe così inizio una nuova campagna di conquista contro i Briganti[6], che sembra essere durata molti decenni. Gneo Giulio Agricola, governatore dal 78 all'84, sembra infatti impegnato in operazioni militari nel territorio di questo popolo.[7]

Il poeta romano Giovenale, che scrisse agli inizi del II secolo, ritrae un padre romano che esorta il figlio a conquistarsi la gloria distruggendo le fortezze dei Briganti.[8] È anche possibile che uno degli scopi del Vallo di Adriano (iniziato nel 122) fosse impedire ai Briganti di stringere rapporti e alleanze con le tribù scozzesi che si trovavano dall'altro lato della barriera difensiva. Secondo lo storico-geografo greco Pausania, l'imperatore Antonino Pio (138-161) sconfisse questo popolo dopo che quest'ultimo aveva iniziato una guerra immotivata contro gli alleati di Roma,[9] forse una parte della campagna militare lanciata dai romani per la costruzione del Vallo di Antonino (142-144).

Tacito, in un discorso messo in bocca al leader dei Caledoni, Calgaco, parla dei Briganti che, "guidati da una donna", stavano quasi per sconfiggere i romani.[10] È forse un riferimento alla regina Boudicea degli Iceni, erroneamente collocata tra i Briganti.[1]

La presenza dei Briganti è stata attestata anche nell'Irlanda, oltre che in Britannia, nell'opera di Claudio Tolomeo Geografia (II secolo).[11] Tolomeo fa menzione di nove città appartenenti ai Briganti britannici:

Altri insediamenti noti nel territorio dei Briganti includono:[1]

  1. ^ a b c d e (EN) The Brigantes, in Roman-Britain.org, 24 ottobre 2007. URL consultato il 1º giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2006).
  2. ^ Tacito, Annali XII 32.
  3. ^ Tacito, Annali XII 36.
  4. ^ Tacito, Annali XII 40.
  5. ^ Tacito, Storie III 45.
  6. ^ Tacito, Agricola 17.
  7. ^ Tacito, Agricola 20.
  8. ^ Giovenale, Satire 14, 196.
  9. ^ Pausania, Descrizione della Grecia VIII 43, 1; 43, 4.
  10. ^ Tacito, Agricola 31.
  11. ^ Claudio Tolomeo, Geografia II 1-2.

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