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Afrofuturismo

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Il musicista Sun Ra viene considerato uno dei pionieri dell'afrofuturismo.

L'afrofuturismo è una corrente culturale nata da diversi scrittori, artisti e teorici afroamericani negli anni settanta.[1]

Caratteristiche

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Colmo di allusioni all'animismo e al simbolismo,[1] il pensiero afrofuturista nacque dall'esigenza dei neri americani di poter godere degli stessi diritti civili dei bianchi[2] e di poter essere coinvolti nel discorso sul futuro e dello sviluppo tecnologico. Altro tema centrale nelle creazioni afrofuturiste è il femminismo, particolarmente evidente nei lavori di Octavia Butler e Janelle Monaé. Uno dei principali obiettivi degli afrofuturisti è quello di superare il concetto di razza negando l'umanità in quanto tale: secondo essi, fintanto che esisterà il concetto stesso di schiavismo (che ha come suo corrispettivo l'alieno e il robot nella letteratura fantascientifica) non potrà mai esistere l'umanità. Altra caratteristica dell'afrofuturismo è quella di proiettare l'immaginario nero in dimensioni spazio-temporali lontane e sospese fra antico e moderno.[2] Inoltre, sono sempre più frequente riferimenti all’ecologismo, come nel cortometraggio Pumzi di Wanuri Kahiu. A livello estetico, l'afrofuturismo si distingue per il colorismo psichedelico[1] e i suoi numerosi elementi rituali e surreali ripresi dalla fantascienza,[2] dalla tecnologia, dal misticismo africano,[2] e da religioni ancestrali quali quella egizia[2] e quella vudù. Fra le forme artistiche in cui ha avuto un ruolo significativo si contano le arti grafiche, la pittura, il cinema, i fumetti e la musica.[2]

La prima rivista di fantascienza africana, Omenana, e il Nommo Awards, organizzato dall'African Speculative Fiction Society a partire dal 2017, hanno aiutato alla diffusione del filone.[3]

Gli esponenti dell'afrofuturismo sono numerosi e da ricondurre a diversi ambiti. Fra i teorici e scrittori del fenomeno si contano Octavia E. Butler,[2] Nnedi Okorafor, Samuel R. Delany, N. K. Jemisin, Kodwo Eshun e Alondra Nelson, mentre fra i pittori vi sono Jean-Michel Basquiat,[1][4] Mati Klarwein[1] e Ellen Gallagher.[4] Sono molti anche i musicisti che vengono ricondotti alla scena afrofuturista. Essi contano il jazzista Sun Ra,[2][4] spesso citato fra le icone del movimento nonché uno dei suoi pionieri, gli artisti della techno di Detroit,[2] artisti hip-hop quali i Public Enemy e gli OutKast[4] nonché Jimi Hendrix,[4] Lee Perry,[4] George Clinton,[4] Janelle Monáe[4] e Erykah Badu.[1]L'appena citato George Clinton è inoltre stato membro dei Parliament e dei Funkadelic, che hanno fatto dell'estetica afrofuturista (un'etichetta che comunque è stata loro attribuita posteriormente) il loro cavallo di battaglia, portando i temi e le immagini del movimento alla ribalta negli Stati Uniti degli anni '70 e '80.

  1. ^ a b c d e f 3NDS: Cos’è l’afrofuturismo?, su wired.it. URL consultato il 28 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 18 gennaio 2017).
  2. ^ a b c d e f g h i (EN) Back to Black - Afro Futurismo, su d.repubblica.it. URL consultato il 28 novembre 2017.
  3. ^ (EN) Mark Bould, African Science Fiction, su Los Angeles Review of Books, 2 ottobre 2017. URL consultato il 19 dicembre 2023.
  4. ^ a b c d e f g h (EN) Afrofuturism takes flight: from Sun Ra to Janelle Monáe, su theguardian.com. URL consultato il 28 novembre 2017.
  • (EN) Sandra Jackson, Julie E. Moody-Freeman, The Black Imagination: Science Fiction, Futurism and the Speculative, Peter Lang, 2011.
  • (EN) André M. Carrington, Speculative Blackness: The Future of Race in Science Fiction, University of Minnesota, 2016.
  • (EN) Ytasha Womack, Afrofuturism: The World of Black Sci-Fi and Fantasy Culture, Lawrence Hill, 2013.
  • (EN) Paul Youngquist, A Pure Solar World: Sun Ra and the Birth of Afrofuturism, University of Texas, 2016.
  • Claudia Attimonelli, Techno: ritmi afrofuturisti, Meltemi, 2008.

Collegamenti esterni

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